Di seguito, un approfondimento sulla rivoluzionaria terapia risolutiva applicata alla balbuzie infantile. Il dott. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, ed ex-balbuziente è profondo conoscitore della materia. Autore di libri sulla balbuzie è un terapeuta di grande esperienza internazionale. Alcune sue interviste hanno avuto eco anche in altri paesi, tra cui: la Svizzera, la Spagna, la Germania e nel Regno Unit0. A Londra ha già presentato il suo terzo libro sulla balbuzie, in occasione di un importante evento. Non c’è terapia più precisa e profonda di questa, proprio perché va nella giusta direzione, che è poi quella di risolvere i delicati meccanismi interni, ed esterni del problema. Non tralasciando l’importanza di coinvolgere anche i genitori dei bambini nel cammino terapeutico.
Da oltre vent’anni, il dott. Bitetti ha introdotto nel nostro Paese un modello interpretativo e terapeutico decisamente innovativo, riguardo alla cura della balbuzie: l’Approccio Integrato, ed è stato poi esteso in altri paesi europei. Questo, è stato possibile anche per la semplice ragione che il suo lavoro è convalidato anche sul piano del riconoscimento dei titoli professionali. Difatti, il dott. Antonio Bitetti ha anche la certificazione da parte dell’Ente Federale di Sanità della Confederazione Svizzera a Berna ( CH). E’ membro associato dell’A.P.A. (American Psychological Association), la prestigiosa associazione americana degli psicologi, in qualità di PhD.
Da sempre, la balbuzie infantile, viene curata con modelli rieducativi del linguaggio, basandosi su concetti periferici, dato che l’aspetto finale del problema, risulta essere la difficoltà a parlare normalmente come tutti gli altri. Ma, è importante sottolineare che il balbuziente; bambino, ragazzo o adulto che sia, nel chiuso della propria stanza, parla benissimo, non manifesta nessun tipo di difficoltà di linguaggio.
Questo, ha spinto il dott. Bitetti ad approfondare quelli che sono i veri motivi che stanno alla base di questo diffuso disturbo, che ricordiamolo, interessa il 2-3 % della popolazione nazionale. In una recente intervista da lui rilasciata ad una emittente televisiva spagnola, la giornalista ricordava che in Spagna esistono almeno 800.000 persone affette da balbuzie.
Il balbuziente sa molto bene quello che intende dire, ma non riesce ad esprimerlo in maniera fluida e serena, come invece fa la stragrande maggioranza della popolazione. A questo punto, è naturale chiedersi del perché il balbuziente ha difficoltà di linguaggio quando si relaziona con gli altri, ed invece non balbetta quando è da solo. La risposta non può essere semplice e banale, poiché investe quegli aspetti cognitivi, emotivi e relazionali che il linguaggio ha in se.
Attraverso il linguaggio gli esseri umani creano collegamenti, esprimono emozioni, idee, progetti e quindi, noi tutti riconosciamo il valore intrinseco di questo potente strumento. Il linguaggio ha una base strutturale o genetica e una base acquisita, di tipo culturale o ambientale( N. Chomsky). In età infantile il bambino vive una fase importante nel suo delicato periodo evolutivo, ed è chiamata fase del balbettìo. In questa fase molto delicata del suo sviluppo, il bambino si cimenta nella migliore ricerca possibile per far convergere aspetti strutturali e aspetti culturali del suo linguaggio.
Lo stesso avviene nella deambulazione, il bambino impara gradualmente a coordinare i suoi movimenti, in funzione di una serie di prove ed errori, anche sulla base di un processo di rafforzamento del proprio sistema muscolo-scheletrico. Una volta acquista l’intera sequenza, il bambino saprà camminare da solo e senza l’aiuto dei genitori.
Il linguaggio segue la stessa logica, ma a differenza dell’attività motoria, il linguaggio ha una importante valore relazionale, poiché attraverso di esso siamo capaci di estrinsecare emozioni di varia natura, ed intensità. Soprattutto in alcune esperienze negative o traumatiche, anche a forte valenza aggressiva, queste emozioni possono essere alla base della sintomatologia del balbettare.
Queste ricerche del dott. Bitetti, che peraltro è autore di tre libri sulla balbuzie (2001,2006, 2010) l’ultimo tradotto anche in inglese ( Stammering an Integrated Approach) e tedesco, si sono concentrate sul meccanismo del controllo emozionale e nel caso di chi è affetto da balbuzie, diventa un controllo della parte periferica del linguaggio, ossia, la parola.
La stragrande maggioranza della popolazione non controlla la parola mentre parla, sa che sarà un processo automatico, così come avviene nella deambulazione. Nessuno si sognerebbe di controllare e di verificare i movimenti delle gambe durante una passeggiata o durante una corsa, se lo facessimo, rischieremmo di bloccarci o di condizionare fortemente l’attività spontanea.
Pertanto, è il controllo il vero elemento negativo di chi balbetta ( A. Bitetti, Emozioni, Comportamento e Controllo,2016) ed è un aspetto appreso da bambino, in concomitanza di eventi a forte valenza negativa, quale la nascita di un fratellino, la conflittualità tra genitori o esperienze diverse in cui predomina frustrazione e conseguente aggressività. Se lasciato libero di consolidarsi, a lungo andare, il meccanismo del controllo può creare un disturbo cronico, comunemente chiamato balbuzie.
https://www.amazon.com/author/antoniobitetti
Se mantenuto attivo, questo disturbo rischia di compromettere la normale crescita relazionale, ed emotiva del bambino. Se non curato profondamente, il bambino balbuziente può diventare un ragazzo balbuziente, o un adolescente balbuziente, fino a fargli acquisire da adulto, quello che il dott. Bitetti definisce: “l’abito del balbuziente”.