La vergogna è un’emozione complessa, giacché appresa, contrariamente all’emozione di base, come la gioia, la tristezza e la paura. Compare più tardi di queste ultime, verso il secondo anno di vita perché richiede lo sviluppo del sé personale, con la consapevolezza della distinzione fra sé e l’altro. Questo, porta a percepire il giudizio altrui; la vergogna e quindi definita come una emozione a sfondo sociale. Non possiede solo aspetti negativi, offre, infatti, anche il vantaggio di un’autoregolazione: la vergogna interviene quando non teniamo conto delle norme e delle regole sociali che ci spinge così a rispettarle. Ci aiuta a proteggere la nostra identità personale. Il senso di colpa, in generale, a ugualmente una forte impronta sociale. La colpa dipende da un giudizio sulle azioni umane. L’individuo che lo prova sa, quindi, che avrebbe potuto agire diversamente.
Dopo che Freud lo ha studiato in relazione ai casi di melanconia patologica, mettendo l’accento sulla dimensione intrapsichica, l’attenzione si è spostata, dalla metà del secolo scorso, sull’aspetto sociale e inter-relazionale del senso di colpa. Quando la delusione è consumata, palese e cosciente ma si dubita ancora di se stessi, è facile che sopraggiunga un senso di colpa. Per non averla saputa evitare, o meglio, per non avere saputo evitare l’evento che l’ha provocata. Il senso di colpa e la vergogna non richiedono una base oggettiva, possono scaturire da un concatenarsi di pensieri e ragionamenti personali. La seconda, soprattutto, a sempre a che fare con la percezione che si ha di se stessi. Più si dubita, me non si è dotati di autostima, più è presente. Essa può, in effetti, essere un’emozione rivolta verso di sé.
Gli altri non fanno per forza parte della scena, in particolare in caso di delusione: ci si può vergognare di non essere riusciti nel nostro intento, di non essere all’altezza, meritevoli di quello a cui ambivamo. Evento scatenante, quello che ci ha delusi, torna indietro come un boomerang, ma sotto un’altra forma: la vergogna e insidiosa e intacca la nostra dignità. Giudichiamo noi stessi alla luce del risultato, di un insuccesso. Nel senso di colpa, invece, la nostra persona è in gioco solo in modo indiretto, attraverso quello che abbiamo fatto, o non fatto. Nell’esperienza delusiva, vergogna e sensi di colpa sono più vicine che in altre situazioni, perché sono legati alla constatazione dell’insuccesso: ci si vergogna di aver fallito negli intenti, e ci si sente in colpa, con rammarico, per non aver agito nel modo giusto, o per aver agito quando o come non era opportuno.
Dopo una delusione, chi è incline ai sensi di colpa può rimanere a lungo intrappolato nel pensiero negativo di aver fatto male qualcosa, di aver perso un’occasione. La mente vaga in questo labirinto fatto di ipotesi, supposizioni e rimpianti, senza trovare una via di uscita, perché si auto-occulta un aspetto importante del problema: la posizione altrui. In effetti, per capire un evento che ci ha delusi, e necessario analizzare da un punto di vista più distaccato, come dall’esterno. Sono così ne capiremo il meccanismo. In amore, per esempio, è difficile capire l’altro e le sue motivazioni, perché abbiamo già parecchio da fare con le nostre, che tendiamo a premettere, istintivamente. Ma, l’altro non la vede come noi, ha una storia sua, diversa dalla nostra e magari i suoi desideri, le sue aspirazioni non combaciano con le nostre.
Accettare questa realtà può aiutare a superare una ferita. Infine, invece di cercare in noi delle “colpe”, è opportuno e utile capire perché siamo delusi, passando in rassegna le nostre aspettative, il loro perché, ma non solo. Dobbiamo determinare se fossero realizzabili. La difficoltà sta nel trovare un equilibrio fra il sogno ragionevole e il sogno irrealizzabile. E non è detto che la via giusta, perché destinata al successo, stia nel mezzo. Per andare avanti, l’essere umano ha bisogno di cercare e spostare i propri limiti; i sogni si possono anche avverare, quindi non vanno lasciati tutti nel cassetto. E se qualcuno non va a buon fine non sentiamoci “colpevoli”( Chapaux-Morelli, Murrali).