Di solito, quando una famiglia con un figlio affetto da balbuzie primaria, si rivolge alle strutture pubbliche si sente rispondere che è necessario attendere l’età scolare per poter intervenire. Difatti, fino a poco tempo fa bisognava attendere il raggiungimento dei 6 anni per poter essere preso in carico dai professionisti della voce per ricevere le prime cure. Fino a quel periodo le famiglie e i loro figli dovevano pazientare e soffrire in silenzio.
Da alcuni anni non è più così. Attraverso le ricerche d’avanguardia condotte dal dott. Antonio Bitetti, psicologo-psicoterapeuta, ricercatore nel campo della balbuzie e della psicologia della comunicazione, anche i bambini piccoli, o molto piccoli, possono superare serenamente il loro disagio usufruendo delle cure specifiche da lui introdotte per primo in Italia e in Europa.
L’Approccio Integrato finalizzato alla cura della cosiddetta balbuzie primaria, che rappresenta una fase iniziale di balbuzie, viene curata per evitare il fenomeno della cronicizzazione del disturbo e per evitare inutili e sterili sofferenze, sia nel bambino che vive direttamente il disagio e sia nella famiglia, spettatrice passiva della situazione.
Gli studi condotti dal dott. Antonio Bitetti rappresentano una novità assoluta nel panorama attuale delle ricerche sulla balbuzie infantile e saranno esposte al prossimo Congresso della American Psychological Association, di cui fa parte da alcuni anni. Questa terapia è rivolta espressamente ai genitori e non al bambino disfluente, il quale riceve il beneficio dell’approccio terapeutico, direttamente da loro, guidati nel cammino terapeutico dal dott. Bitetti. I risultati fino a questo momento sono a dir poco eccezionali e tutti i casi trattati rimarcano il valore di questo tipo di intervento.
Adesso, anche i bambini di 3-4 e 5 anni affetti da balbuzie primaria, o balbuzie infantile come altri la definiscono, possono essere curati senza nessuna controindicazione e anche le famiglie possono così ritrovare la loro serenità. Come si dice spesso in questi casi: “ E’ meglio prevenire che curare” e in effetti, affrontare precocemente tale disturbo evita ripercussioni negative, sia nel bambino e sia nei genitori.