L.Littleword diceva: “Il desiderio di controllo… fa perdere il controllo”.
Nelle persone affette da un disturbo del comportamento alimentare, tra i quali l’anoressia, il piatto, inteso come cibo e le modalità di nutrirsi, rappresentano in fondo il proprio microcosmo. I propri atteggiamenti, i propri stati emotivi e i propri pensieri in relazione alla sfera dell’alimentazione, si ripercuotono anche all’esterno, nella vita privata, nel modo di relazionarsi agli altri e di vivere il proprio tempo.
Attraverso un’attenta analisi introspettiva, è possibile decifrare i comportamenti e le ritualità, i quali, se prima infondevano sicurezza, in breve, diventano una esasperante ossessione. Il controllo del cibo ingerito, fondamentale per ognuno di noi, assume il suo reale significato. Per ciascuno possono valere sfumature diverse, in base al proprio vissuto.
Il controllo ossessivo, sul cibo, sul corpo, poi su tutto il proprio ambiente circostante, fisico e mentale è un meccanismo di difesa. Esso si instaura col tempo, inconsapevolmente, come fosse una corazza, fatta di schemi e rigidità. La finalità è quella di tenere sotto un certo livello l’ansia scatenata inevitabilmente da tutte quelle emozioni che ognuno di noi vive come pericolose. In realtà quello che noi riteniamo “pericoloso e spaventoso” è ciò che non possiamo controllare.
(A. Bitetti, Emozioni, Comportamento e Controllo, IEB Editore, 2016).
L’anoressia può quindi rappresentare la volontà di governare sè stesso, in quanto consente al soggetto di illudersi di averla vinta su ciò che appare ingovernabile: la fame. In tal modo il braccio di ferro sul controllo della relazione intersoggettiva viene spostato nel rapporto con il proprio corpo. Domare l’appetito diventa un modo per realizzare la vittoria della mente sul corpo. Il proposito essenziale dell’anoressico viene così assorbito in un circuito chiuso, dove attorno all’oggetto-cibo ridotto a oggetto-niente, costruisce una disciplina che eleva il controllo a modalità esistenziale. Tutto quello che riguarda l’assunzione o il rifiuto del cibo deve essere pianificato e calcolato in funzione del governo di sé.
In un recente articolo riguardante la relazione che intercorre tra le fobie e la necessità di controllo, emerge che una delle componenti importanti della fobia è l’ansia, cioè la paura di perdere il controllo. Ad esempio una persona affetta da claustrofobia si chiede cosa gli potrebbe succedere se si trovasse in uno spazio troppo ristretto e non avesse la possibilità di uscirne. Mentre la persona affetta da anoressia si chiede: cosa succederebbe se non restringessi sistematicamente l’alimentazione? Cosa potrebbe succedere se non facessi sempre la stessa attività fisica tutti i giorni?,
Il controllo in effetti è in un atteggiamento qualitativo, solo che attraverso il disturbo del comportamento alimentare lo si trasforma in un qualcosa di quantitativo: dose di cibo assunto, entità di attività fisica svolta, taglia dei vestiti. La continua, spasmodica ricerca di controllo è strettamente connessa alla ricerca di un sollievo dall’ansia. Il pensiero di fondo è: se riesco a controllare alla perfezione tutto ciò che riguarda il cibo e l’attività fisica, allora mi sentirò come se tutto nella vita potesse andare bene.
Pensare che le cose possano andare tutte bene è una pia illusione, di solito non vanno dritte a prescindere dal proprio comportamento alimentare. La sensazione di controllo che l’anoressia comunque infonde è tale che la persona continua ad ancorarsi ad essa anche quando ci si accorge di quanto possa essere deleteria per sè stessi. ( A. Bitetti, 2016).